Slow writing


Sono per la scrittura lenta, lenta e accurata.
Attendo le parole, le voglio sentire crescere nell’anima, le frasi si devono formare con movimenti da teatro danzante, senza il patema dell’orario di consegna.
L’incipit va atteso fin che si manifesta in tutta la sua forza. Deve catturare chi legge: è la sola cosa che conta per ogni giornalista e scrittore.

Festina lente, ‘affrettati con calma’, questo antico detto potrebbe essere il motto della mia professione.
Lavorare e scrivere, ma con tanta oculatezza.

Cerco di accendere una luce, ma non sempre viene vista.
E la tela che porta tutti i colori non sempre riesce ad essere squarciata per far passare il sole.

No, qui non troverai le instant-news.
Non mi inserirò nel megaflusso di informazione, nei miliardi di memi, di bit di informazione, di opinioni scambiati per notizie, di un presente iperdinamico che ti richiede tutto e subito.
La velocizzazione insana, l’accelerazione deflagrante che stiamo subendo, depredano la mente, e tolgono spazio alle nostre riflessioni. Non ce n’è il tempo, se vuoi stare al passo con la soffocante stretta delle informazioni, o pseudo tali.

No, qui non troverai mille note di degustazione, ventimila notizie copia–incolla da comunicati stampa, ottomila articoli.
Mi prenderò tutto il tempo che serve per approfondire, per fare ricerca, per andare personalmente a vedere con miei occhi, per toccare con le mie mani, per studiare, per controllare le fonti, per rimuginarci.

Sono per una narrazione slow, in sintonia con i tempi naturali di una gestazione. Scrivere è mettere al mondo parole sostanziali, che richiedono di essere cercate, valorizzate e unite in una trama ponderata. Escono da un piccolo porto tranquillo per affrontare il mareoceano.
Escono da una sorgente in una radura dell’anima per affrontare la jungla quotidiana.
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