Intervista a Jean-Baptiste Lécaillon


Jean-Baptiste Lécaillon, chef de cave e direttore tecnico di Roederer, spiega i segreti della maison di Champagne Roederer e della sua punta di diamante, Cristal

Intervista a Jean-Baptiste Lécaillon


Lécaillon: “Lo Champagne Roederer è un’Opera collettiva”

Vent’anni trascorsi come chef de cave e direttore nella Maison fondata nel 1776

Lo champagne sta al vino come l’haute couture sta alla moda.
Alfred Gratien



2-Jean-BaptisteJean-Baptiste Lécaillon photo Luc Manago

Ho incontrato in più occasioni Jean-Baptiste Lécaillon, mi ha sempre colpito per la sua signorilità e gentilezza. Un gentilhomme, tout à fait. Nasce a Reims nel 1966. Non appena terminati gli studi all’Università di Enologia di Montpellier, Jean-Claude Rouzaud, a capo della maison di famiglia Roederer, lo assume. Dopo averlo mandato alcuni anni in California, in Tasmania e a Bordeaux, Jean-Baptiste Lécaillon torna a Reims nel 1999 in qualità di direttore di cantina e direttore del vigneto. Maison Roederer è una delle cinque grandi Case di champagne ancora di proprietà dei discendenti del fondatore, nata a Reims nel 1776, attualmente guidata Frédéric Rouzaud, esponente della settima generazione.

3-Magazine-Vigneron_Droit-international_HighResFrédéric Rouzaud photo Leif Carlsson

La forza della maison sta innanzitutto nel patrimonio vinicolo (iniziarono a costituirlo nel 1850): attualmente sono duecentoquaranta gli ettari di vigneto, composti di quattrocentodieci appezzamenti nei migliori territori della Champagne: i Grands e Premiers Crus della Montagne de Reims, della Côte des Blancs e della Vallée de la Marne. Una suddivisione essenziale, perché ognuno di questi terroir dà vini con diverse caratteristiche di corpo, struttura, bouquet, eleganza e finezza. Dal 1845 tutti i millesimati Louis Roederer provengono esclusivamente dalle vigne di proprietà, cosa unica nella Champagne.

4-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

Lécaillon è un mago della vinificazione
. Non è propriamente un poeta, ma con i suoi vini fa poesia. E’ l’anima pulsante delle bollicine Roederer. Umile, profondo, si schermisce. “Ciò che mi rende felice nel mio lavoro è la mia squadra. I vignaioli, enotecari e tutti quei talenti che contribuiscono, giorno dopo giorno con me a dar vita allo Champagne Roederer. Perché il nostro Champagne è un’Opera collettiva!”. Ma Lécaillon non è uomo che si accontenta: “Voglio fare ancora meglio, spingere i limiti ancora più lontano e più in alto”.

5-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

Mi incuriosisce la sua permanenza in Tasmania, personalmente ho un occhio di riguardo verso questa regione e i suoi spumanti. “La mia permanenza in Tasmania è stata un’ottima esperienza: dovevo creare il primo spumante tasmaniano. Bisognava capire la peculiarità del luogo per fare un vino originale e non una mera copia dello Champagne. Avevo partecipato a questo stesso tipo di progetto in California, e quindi avevo già un’esperienza. Ero giovane e da solo dall’altra parte del pianeta per portare questo progetto a termine. Dovevo pertanto essere capace di prendere tutte le decisioni. Ma al di là del progetto Jansz, ho anche avuto la fortuna di incontrare il tasmaniano Bill Mollison, l’inventore della permacultura. Le sue idee hanno rivoluzionato la mia visione della produzione e della viticoltura. Era necessario produrre con la Natura e non contro di essa. Un incontro che segnò per sempre il mio futuro.”

6-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

Lécaillon torna dalla Tasmania alla fine del 1993 e passa sei anni con il suo predecessore Michel Pansu, prima di assumere la direzione nel 1999. Fortunatamente ha anche Jean-Louis Riou (il predecessore di Michel Pansu) nell’équipe di assaggiatori. A contatto con questi due capi cantina, impara la storia enologica della Casa. Assaggia gli “archivi liquidi” mentre Riou e Pansu commentano ogni segreto di queste vecchie annate. Così Lécaillon torna alle radici della visione qualitativa di Louis Roederer. “L’idea fondante è quella della trasmissione. E per me fu completa perché questi due mentori provenivano da due generazioni diverse: uno aveva raggiunto la Casa all’età di sedici anni nel 1936 e aveva imparato con l’esperienza tutto in loco, l’altro era uno dei primi enologi francesi laureati. Questi due maestri mi hanno consentito di approfondire le due facce del nostro mestiere: l’immensa pratica esperienziale da un lato e dall’altro l’approccio tecnico-scientifico. Anche Michel Salgues, wine maker della nostra azienda californiana e un grandissimo scienziato con vari PhD mi ha insegnato molto”.

7-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

Quando assume la direzione, Lécaillon non apporta grandi cambiamenti. “Ho semplicemente approfondito alcune tecniche, talvolta lasciate da parte o dimenticate. Il vino è così, si adatta continuamente alla propria epoca ed è facile dimenticare da dove veniamo. In linea generale, ho proseguito l’opera dei miei predecessori puntando a ritrovare una cultura artigianale in tutte le nostre pratiche, a recuperare il contatto con il prodotto, ad agire nel dettaglio, a tralasciare le ricette, continuando a sperimentare, a cercare. Per poi sviluppare i sapori, il gusto vero e unico del territorio: il tutto attraverso la viticoltura”.

8-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

A Roederer iniziano a sperimentare la biodinamica nel 2000. A tutt’oggi hanno esattamente 122 ettari in certificazione biologica (su 242 ettari, quindi la metà) di cui 10 ettari in certificazione biodinamica. Praticano però la biodinamica su quasi tutti i 122 ettari. “La mia idea era di mirare alla permacultura ma è molto difficile in Champagne per vari motivi: intanto perché abbiamo appezzamenti un po’ dappertutto. Anche se sono grandi, non ci consentono di fare funzionare un ecosistema in senso permaculturale. Quindi abbiamo lavorato sul biologico e sul biodinamico. Purtroppo le pratiche dei nostri vicini sono ampiamente dominate dalla chimica, perché non tutti fanno del biologico. Dobbiamo allora sfruttare la potenza della biodinamica per far reagire i nostri appezzamenti. Spero che potremo un giorno lavorare in permacultura con le aziende vicine”.

9-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

Nel 2006 decidono di avviare la conversione su larga scala: Brut Nature nel 2006, Cristal Rosé nel 2007, Cristal nel 2012 e Blanc de Blancs nel 2017. Oggi tutte queste partite sono coltivate al 100% in biodinamica. Se guardiamo in etichetta però, non compare nessun certificato. “Non vogliamo essere categorizzati in alcuna famiglia particolare (biologica, biodinamica o altro). La nostra unica motivazione è il rispetto (non si usano prodotti chimici) e il gusto dell’uva. La finalità non è quella di essere biologico o biodinamico ma di fare il miglior vino possibile con il massimo della pulizia. E poi da Louis Roederer, vogliamo rimanere liberi! Ritengo sia addirittura necessario non appartenere a tale o talaltro movimento per mantenere tutta la propria libertà creativa in tutte le fasi dell’elaborazione, perché il migliore champagne è ancora da inventare e non è seguendo delle ricette o dei capitolati che potremo inventarlo! Per questo non sarà mai scritto biologico o biodinamico sulle nostre etichette”.

10-Louis-DavidPhoto Louis David

Ho sentito dire da molti produttori che la biodinamica è più adatta negli anni più caldi, mentre il biologico ad annate più fredde. Domando a Lécaillon cosa ne pensa. “È una tendenza che abbiamo notato nell’ambito delle prove che conduciamo da oltre diciotto anni, confrontando biologico e biodinamico. In alcuni anni, piuttosto caldi, la biodinamica conferisce maggiore freschezza e tensione al vino. Questo ci induce difatti a non fare tutto in un unico e medesimo modo. Bisogna adattare le pratiche all’anno, all’appezzamento, al vitigno… alla fine è fare alta sartoria. Il clima è sempre cambiato e cambierà ancora. È il principio stesso del lavoro del vignaiolo: adattare le proprie pratiche alle incognite del clima per trarne l’essenza. Siamo oggi in un clima che si riscalda, fatto che ci è piuttosto favorevole. Le uve maturano meglio e in modo più regolare, possiamo quindi spingere i sapori del territorio ancora oltre”.

11-Emmanuel-Allaire_HighResPhoto Emmanuel Allaire


Roederer ha selezionato i propri lieviti autoctoni da vari anni, LR1, LR2 e LR3, operando negli appezzamenti biodinamici e poi facendo il test del DNA. “Ma stiamo per abbandonarli perché equivale a fare della selezione clonale identica ai lieviti commerciali. Mi sembra più interessante lavorare a partire da fermentazioni spontanee ad ogni annata. Se vengono preparati per bene, i risultati sono ottimi”.
L’azienda dispone anche di un proprio vivaio in cui lavorano sulle loro selezioni massali e sui propri portainnesti. “La cosa più interessante è la ricerca della biodiversità. Bisogna stare attenti a non rifare lo stesso errore della selezione clonale, ossia identificare degli individui che crediamo superiori e finire con l’impoverire la biodiversità e aumentare il rischio di malattie. Vanno invece favorite le differenze per poi esprimerle. Forse non corrispondono a ciò che cerchiamo oggi, ma apportano sempre qualcosa del luogo”.

12-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

Da più di vent’anni il venti per cento del mosto viene fermentato in foudre, “per tornare semplicemente alle pratiche anteriori all’acciaio inox. Resto sempre affascinato da questo legno trasparente, che conferisce una dimensione setosa alla tessitura del vino”.
Roederer è la Maison che ha lo stile più borgognone di tutte le altre. Per molti motivi: la viticoltura per singoli appezzamenti, per esposizione e microclima, la ricerca della maturità e la vinificazione appezzamento per appezzamento, vitigno per vitigno. Solo l’assemblaggio è veramente “champenois”, da Louis Roederer. “L’arte dell’assemblaggio è quella costruzione del vino ideale. Grazie al suo aroma, alla sua tessitura, alla sua struttura e alla sua freschezza salina, si raggiunge qualcosa che non esiste negli appezzamenti. L’Uomo viene a donare un tocco di creatività, di sensibilità e di sofisticazione che si avvicina alla perfezione del sapore”.

13-Louis-David-Photo Louis David

Gli Champagne Roederer sono diversi da tutti gli altri, un po’ per lo stile “delicatezza, delicatezza e delicatezza… in una materia di velluto”, un po’ perché si riconosce il sapore del territorio, quella purezza quasi trasparente che si rivela col tempo. Quella giustapposizione di materia setosa e di freschezza leggera… Si riconosce abbastanza facilmente Roederer per quella purezza e quell’eleganza. “Credo che i nostri Champagne esprimano la passione di un territorio, la bellezza di un luogo e l’artigianato necessario in viticoltura e in cantina per catturare i luoghi e le annate. Una filosofia dell’eccellenza e della trasmissione da una generazione all’altra, senza dimenticare il piacere. Una gioia immensa che abbiamo qui in azienda di imparare, capire, elaborare e condividere la nostra passione”.
Per Lécaillon è fondamentale anche l’assaggio. “Assaggiare è prendersi il tempo per i propri Champagne. Prendere il tempo di scoprire, capire, viaggiare nello spazio (i vini) ma anche nel tempo (annate). E’ un’occasione che accende la curiosità, l’emozione e stimola dei pensieri riguardanti ciò che è successo nel mondo quell’anno”.

14-Cyrille-RobinPhoto Cyrille Robin

Cristal è la prima cuvée di prestigio della Champagne, nel 1876, ancora oggi frutto dell’assemblaggio di 40 parcelle di vigneto dai Grands Crus della Montagne de Reims, dalla Vallée de la Marne e dalla Côte des Blancs. Viene realizzata per soddisfare il gusto esigente dello zar Alessandro II. L’imperatore di Russia ama particolarmente gli champagne Roederer e vuole che gli sia riservata la migliore cuvée.

15-Eric-ZeziolaPhoto Eric Zeziola

Il nome deriva dalla bottiglia di cristallo a fondo piatto che verrà creata appositamente. Si realizza solo nelle migliori annate, esclusivamente quando il pinot nero (circa il 60%) e lo chardonnay (circa il 40%) raggiungono la maturità ideale per quest’icona di perfezione.
Lécaillon decide di mettere prima in commercio la 2009 e poi la 2008, nel 2018, dopo 10 anni (ed è la prima volta per Roederer attendere un decennio). L’annata 2008 aveva chiaramente bisogno di più tempo del solito per sbocciare. La potenza materica della solare annata 2009 invece era pronta nel febbraio del 2017, quando uscì sul mercato. Per Lécaillon la 2008 “è il Cristal dei Cristal, perché rappresenta alla perfezione tutta la delicatezza e la densità di Cristal. È quasi perfetto. Ritengo sia il mio millesimo più riuscito, potenzialmente migliore del 2002, forse meglio del mitico 1988”. Cristal non sarà prodotto nel 2010 e nel 2011. E nel 2012 si aprirà un nuovo capitolo: Cristal sarà prodotto con uve completamente biodinamiche.

16-Louis-David-Photo Louis David

E se gli si chiede qual sia il segreto di Cristal, l’enologo risponde: “Al di là della storia dello Zar e della prima cuvée di prestigio della Champagne, credo che Cristal sia un vino semplicemente vero: rispetta i suoi suoli bianchi, i grands crus a metà della costa e si presenta in una grande purezza delicata e salina. Non è mai coperto da artifici superficiali. È naturalmente grande!”

17-Louis-DavidPhoto Louis David

Louis Roederer
21, boulevard Lundy, CS 40014 51722 Reims Cedex France
Tel. +33 (0)3 26 40 42 11 
http://www.louis-roederer.com

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